Pescatori, specie protetta
La crisi della pesca è talmente grave che si identifica con la fine di un’epoca. Un ciclo si chiude, e le associazioni dei pescatori organizzano progetti di pesca turismo, servizi ambientali, o didattici, che però richiedono finanziamenti e sostegni per l’assunzione di giovani al di sotto dei quarant’anni.
Non molti ragazzi vogliono fare i pescatori. E comunque non ci sarebbe lavoro, i pescherecci di una volta sono sorpassati da metodi di pesca industriale, che dominano il mercato e possono diventare aggressivi per l’ambiente. L’economia ittica deve cambiare, ma non si vede in quale direzione.
Le iniziative didattico-educative fanno pensare ai piccoli pescatori e ai loro prodotti come a delle attrazioni per turisti, oppure come a specie da proteggere, a rischio estinzione. E invece è da qui che deve partire la rinascita, e siamo noi consumatori, nel tempo, a poter fare la differenza. Il mare italiano ha già esaurito la quota di pescato fissata per il 2013, e siamo solo a maggio. In Adriatico non si pescano più acciughe, questo è un segnale della sofferenza dei nostri mari.
Se ci abituassimo a consumare specie ittiche diverse dai pesci-bistecca, quelli facili da cucinare perché senza lisca, in qualche modo potremmo influire sul futuro mercato. Cosa scegliere? Il pesce che coniuga la eco-sostenibilità con la tutela della salute è quello che nasce e completa in suo ciclo di vita in un tempo breve, e non raggiunge una grossa taglia: saraghi, triglie, sgombri, aringhe, sardine, acciughe, sogliole. Sono pesci che riescono a riprodursi prima di essere pescati, e non hanno il tempo di accumulare una quantità significativa di metalli nell’arco della vita.
Certo, non tutto dipende dalle nostre scelte. C’è l’inquinamento, e c’è il riscaldamento globale. Ma insomma, qualcosa anche noi possiamo fare.