PERCHÉ È BENE LIMITARE L’USO DI FARINE 00

PERCHÉ È BENE LIMITARE L’USO DI FARINE 00

Tommaso Amendola è fondatore di Gaiabio, chef specializzato in cucina naturale e naturopata. A seguito della pubblicazione dell’inchiesta sulle farine nel numero di gennaio di Terra Nuova, mette a disposizione dei lettori la sua tesi per il diploma in naturopatia olistica all’università popolare Aicto, dal titolo: “Il farro Monococcum, l’importanza del grano tradizionale. Prevenzione e terapia alimentare, perché limitare l’utilizzo di farine 00”.

Perché è bene limitare l’uso di farine 00

Riportiamo di seguito uno stralcio dell’introduzione, invitando alla lettura completa della tesi scaricando il documento nell’allegato Pdf.

«Attualmente la produzione industriale per pane, pizza, pasta e prodotti da forno utilizza pochissime varietà di grano, con conseguente perdita della biodiversità. Le ricerche mediche dimostrano che, l’eccessivo utilizzo di farine raffinate “00” e ricche di glutine, determinano l’aumento di disturbi e patologie di origine alimentare. Diviene quindi necessario riordinare le metodologie di produzione e trasformazione del grano per valutare il loro reale impatto ecologico, economico e sanitario nella nostra società. Nell’indagine della filiera di produzione di pane e pasta viene messo in risalto il confronto tra farine molto raffinate e farine integrali, tra i grani moderni e i grani tradizionali, tra il lievito di birra e il lievito madre, tra quantità e qualità rispondendo al rinnovato interesse dell’opinione pubblica per le caratteristiche dietetico-nutrizionali degli alimenti. Il risultato è anche una maggiore informazione per le imprese agricole e di trasformazione alimentare, per il rispetto di norme e tecniche, che permettono la produzione e distribuzione di alimenti naturalmente funzionali. Come in fitoterapia è fondamentale assicurarsi dei processi produttivi, a salvaguardia dei principi attivi delle piante, per il grano diviene indispensabile comprendere, in chiave moderna, le tradizioni e le tecniche di coltivazione, lavorazione e trasformazione, per mantenere un elevato apporto di nutrienti nel prodotto finale E’ necessario salvaguardare il concetto di qualità di un prodotto alimentare che si estende a diversi aspetti quali la sicurezza igienico sanitaria, le caratteristiche organolettiche e sensoriali, le proprietà nutrizionali, le caratteristiche tecnologiche, l’impatto ambientale. Il meccanismo di tutela passa attraverso le ricerche e studi sui macro e micro nutrienti del grano, dalla coltivazione alla produzione alimentare finale, con l’impatto sul nostro metabolismo di base e sulle interrelazioni con i nostri geni, grazie agli studi dell’epigenetica. Negli ultimi 50 anni l’utilizzo della genetica, della chimica, delle nuove tecnologie e il potere economico della rete di distribuzione, hanno determinato cambiamenti radicali, offrendo prodotti con farina raffinata tipo”00” (senza germe e strato aleuronico), ricche di glutine e lievitate con lievito di birra. Per questo è necessario avere riferimenti attendibili su chi coltiva il grano, chi lo macina e chi lo lavora. Per una corretta informazione alimentare, la coltivazione richiede la rintracciabilità del seme che, con gli studi sulla mappatura genetica e i ritrovamenti archeologici, ci permette di distinguere i grani tra grani moderni e grani antichi. Il passaggio alle coltivazioni moderne (1960 circa), con il lavoro di Ernest Borlaug, ha determinato la diminuzione della biodiversità, definendo le varietà di grano in disuso “antiche”. Ma questa definizione non è sufficiente a informare-tutelare il consumatore finale, quindi parlerò di grani tradizionali includendo sia i grani antichi che le Cultivar di Nazareno Strampelli (sopravvissute grazie alla tradizione locale). Altri aspetti produttivi da tutelare e codificare sono la macinazione e la lavorazione dei grani tradizionali, con soltanto una raffinazione tipo”2” o “1”e una fermentazione con pasta madre. Per la raffinazione si sono ottenuti ottimi risultati con l’utilizzo di mulini a pietra, che fondamentalmente devono lavorare rispettando la temperatura nella macinazione e curando la manutenzione del mulino. Infatti il problema della macinazione dei grani moderni è la profonda raffinazione tipo “00” e “0” e le elevate temperature della macinazione a cilindri, che determinano la perdita di molte sostanze nutrienti. Per rafforzare i vantaggi dell’utilizzo dei grani tradizionali, nella lavorazione finale è necessario l’utilizzo della pasta madre e una lunga lievitazione, che arricchisce il prodotto di nutrienti, di gusto e aumenta la conservazione. Mentre nei grani moderni, con il lievito di birra e una veloce lievitazione, ritroviamo la causa di fastidiosi gonfiori addominali ed un rapido deperimento del prodotto. Riordinare e codificare la filiera di produzione del pane ( ma anche pizza, pasta, dolci) permette di ottenere risultati positivi come quelli del prof Benedettelli in Toscana, del progetto MonICA in Lombardia, del prof. Berrino e del prof.Dinelli, con i progetti  Diana in Lombardia, Emilia-Romagna e Sicilia. I risultati evidenziano come un’alimentazione a base di grani tradizionali macinati tipo “”2”, a basse temperature e a lievitazione naturale, previene da ipertensione, diabete, infiammazioni, adipe in eccesso, irritazioni del colon e regolarizza il metabolismo dei glucidi. Il naturopata e il medico hanno un valido strumento per un’efficace azione di prevenzione e cura delle patologie, da integrare con la terapia più idonea. Il pane certificato ottenuto con farine di grani tradizionali come il farro monococcum, macinati a pietra (tipo 2) o (tipo1) e con l’utilizzo di lievito di pasta madre, risulta un prodotto equilibrato nei suoi nutrienti, di supporto a terapie alimentari e una scelta consapevole per il consumatore, che determina conseguenze ambientali e sociali, come il mantenimento della biodiversità in forma exsitu. (Exsitu in Farm : tra le forme di conservazione di sementi con la coltivazione e la produzione autoctona che coinvolge tradizione e tecnologia antica)».

di Tommaso Amendola
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